L’art. 1559 del Codice Civile definisce somministrazione il contratto “con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. Si tratta, dunque, di un contratto di scambio, al pari della vendita, da cui si distacca però in virtù del dato caratterizzante della periodicità e/o dalla ripetitività delle prestazioni di consegna a carico del somministrante.
Rientrano in tale tipologia negoziale i milioni di contratti stipulati da cittadini e imprese aventi ad oggetto la erogazione delle forniture di luce, acqua e gas, nei quali l’azienda erogatrice somministra la fornitura a fronte dei pagamenti eseguiti periodicamente dagli utenti a seguito delle fatture emesse dal somministrante in base alla misurazione dei consumi effettuata mediante i contatori installati nei punti di erogazione.
Ebbene, l’aspetto della misurazione dei consumi costituisce il principale elemento di criticità nei rapporti di somministrazione, essendo frequenti i casi di fatturazioni di importi ingenti da parte dei soggetti gestori derivanti da consumi irregolari o anomali.
Sempre più frequentemente, dunque, la giurisprudenza di merito e di legittimità è stata chiamata a pronunciarsi in merito alle contestazioni sollevate dagli utenti in sede di opposizione alle ingiunzioni di pagamento emesse su richieste dei somministranti o anche nell’ambito di azioni di accertamenti negativo del credito promosse dagli stessi utenti a seguito della ricezione delle fatture recanti importi ritenuti eccessivi.
E vi è motivo di ritenere che tale contenzioso aumenterà esponenzialmente in corrispondenza con gli ormai insostenibili aumenti dei costi delle forniture soprattutto di luce e gas.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire, con riferimento alle forniture idriche, nelle quali sono frequenti i casi di perdite dovute a guasti o vetustà degli impianti, che “la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi” (Cass. Civ., Sez. III, 19 gennaio 2021, ord. n. 936).
Più recentemente, gli Ermellini si sono nuovamente pronunciati sul tema dei consumi idrici anomali, puntualizzando che l’onere del somministrato di verificare il regolare funzionamento dell’impianto e di effettuare la c.d. autolettura non esclude quello ancor più incisivo del somministrante di segnalare eventuale consumi anomali, ossia eccedenti la media storica dei consumi dell’utente, soprattutto a fronte di clausole esistenti nei regolamenti e nelle carte dei servizi emanate da ciascuna Azienda erogatrice, che impongono letture periodiche, generalmente trimestrali.
In altri termini, secondo Cass. Civ. 24904/2021, in applicazione degli obblighi di correttezza e buona fede che contraddistinguono l’esecuzione dei contratti, esiste il preciso obbligo dell’Azienda erogatrice di segnalare immediatamente eventuali consumi idrici anomali all’utente, anche se derivanti da perdite idriche degli impianti di proprietà dello stesso, il cui inadempimento dà diritto a quest’ultimo di agire per il risarcimento del danno in misura anche corrispondente alla totalità degli importi richiesti in base ai consumi anomali misurati.
Recentemente, poi, la stessa Corte di Cassazione ha affrontato la questione dei c.d. prelievi irregolari di energia elettrica pronunciandosi con l’ordinanza del 17 maggio 2022 n. 15771.
A differenza delle forniture idriche, in cui l’anomalia del consumo può essere data da perdite negli impianti di adduzione, nel caso delle forniture elettrice, la vicenda processuale si concentra principalmente sullo strumento di misurazione, il “famigerato” contatore, che rappresenta il vero anello debole della catena di distribuzione.
Orbene, anche in questo caso, i Giudici di legittimità hanno ribadito che la rilevazione dei consumi tramite contatore è assistita da una mera presunzione di veridicità con la conseguenza che, nel caso in cui l’utente contesti il consumo, graverà sulla società di somministrazione, pur se formalmente convenuta con una azione di accertamento negativo del credito, dare la piena prova del perfetto funzionamento del contatore.
Al contrario, nel caso in cui il contatore risulti manomesso, il contraente che voglia far accertare che la alterazione non sia a lui addebitabile dovrà dimostrare la sproporzione manifesta del consumo rilevato rispetto a quello effettivamente sostenuto e dovrà altresì provare l’attività illecita del terzo.
In conclusione, il consumatore che riceva, come spesso accade, una fattura esorbitante rispetto ai consumi di luce, gas e acqua non è indifeso, avendo adeguati strumenti di tutela che potrà azionare dinanzi al Giudice competente in base alla sua residenza o domicilio elettivo (c.d. foro del consumatore).
Avv. Giovanni Battista Scalia e Avv. Alessandro Scalia – soci fondatori Unione Avvocatura Siciliana.