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LA RIPETIBILITA DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO TOTALMENTE O PARZIALMENTE NON DOVUTO.

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 3294 del 27.09.2022 – 8.11.2022, hanno affermato la ripetibilità dell’assegno (di separazione o divorzio) versato all’ex coniuge qualora, all’esito del processo, sia ritenuto non dovuto ab origine (e non per il venir meno del diritto per fatti sopravvenuti in corso di causa) per il mancato accertamento di un presupposto del diritto al mantenimento, quale ad esempio lo «stato di bisogno», o nel caso di addebito.

Il  diritto di ripetere le somme non nasce, invece, quando la rivalutazione travolge le sole “condizioni economiche” del soggetto obbligato o nel caso di mera rimodulazione al ribasso dell’assegno. A condizione che, precisa la Cassazione, l’assegno non ecceda la misura che garantisca al “soggetto debole” di far fronte alle normali esigenze di vita, e la somma “possa ragionevolmente e verosimilmente ritenersi  tutta consumata“.

La Cassazione, con la sentenza sopra richiamata, ha respinto il ricorso di una donna che era stata condannata, dalla Corte di appello di Roma, alla restituzione delle somme percepite dall’ex.

La Corte territoriale – chiamata a decidere sulla richiesta di un assegno di mantenimento e divorzile – aveva statuito che “sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento”, revocando, altresì, i provvedimenti provvisori adottati in primo grado, nel giudizio promosso ex articolo710 c.p.c., condannando la ex alla restituzione delle somme indebitamente percepite a decorrere dall’ottobre 2009.

Avverso detta pronuncia la donna ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione sostenendo anche la falsa applicazione degli articoli 156 e 445 c.c. “stante la natura alimentare dell’assegno di mantenimento“.

Per la Cassazione, tuttavia, non si ritrova nell’ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell’assegno alimentare provvisoriamente disposto.

Conseguentemente non può negarsi l’efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e dunque sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio, sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio.

E’ chiaro che bisogna anche dare la giusta considerazione alle esigenze “equitative-solidaristiche” che trovano sede anche nella comunità sociale costituita dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione, in un’ottica di temperamento della regola civilistica della ripetizione di indebito (articolo 2033 c.c.).

La sentenza non ha inteso, quindi, dettare una regola di «automatica irripetibilità» delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento semmai operare un “necessario bilanciamento” a tutela del soggetto che sia stato indicato quale “parte debole nel rapporto“, effettuando una valutazione personalizzata, considerando tutte le variabili del caso concreto quali “situazione personale del coniuge debole, ragionevoli aspettative del tenore di vita, legate al rapporto matrimoniale, ovvero di non autosufficienza economica.

Avv. Alessia Mezzatesta, socia Unione Avvocatura Siciliana

 

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