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I “BOTTI DI FINE ANNO”: TRA DIVIETI E MORAL SUASION.

Ogni anno, con l’approssimarsi della notte di San Silvestro, assistiamo ad un fiorire di ordinanze comunali volte a vietare, in forma più o meno generalizzata, la vendita o l’utilizzo di fuochi d’artificio, petardi, razzi e altri materiali esplodenti.

Gli obbiettivi che le amministrazioni locali perseguono mediante l’emanazione di tali tali provvedimenti sono molteplici: tutelare l’incolumità delle persone, impedire una (ulteriore) forma di inquinamento dell’aria, proteggere i nostri animali di affezione.

Eppure, se pienamente condivisibili sono le finalità dei provvedimenti emanati dai Sindaci contro i c.d. “botti di fine anno”, non altrettanto può dirsi per lo strumento utilizzato.

Innumerevoli, infatti, sono ormai le sentenze dei Giudici Amministrativi che negli anni hanno annullato su tutto il territorio nazionali simili divieti adottati dai Sindaci nell’esercizio del loro potere “eccezionale” di ordinanza contingibile e urgente.

Il TAR Marche con la sentenza n. 780/2020 e prima ancora il TAR Lazio con la decisione n. 5572/2017, accogliendo i ricorsi proposti da singoli commercianti del settore per l’impugnazione dei divieti di vendita adottati rispettivamente dai Sindaci di Ancona e Roma, hanno chiarito che “I presupposti essenziali per la legittima adozione di un’ordinanza contingibile e urgente sono individuabili nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, nella provvisorietà e temporaneità degli effetti e nella proporzionalità del provvedimento…..Ne consegue che non è legittimo adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili, le quali, invece, potrebbero essere utilmente fronteggiate e disciplinate con i mezzi ordinari. La particolare situazione che si viene a creare durante la c.d. festa di Capodanno, che costituisce evento effettivamente eccezionale ed obiettivamente pericoloso per la concentrazione dell’uso degli artifici pirotecnici in un arco temporale ristretto, può ritenersi fatto notorio, tanto da essere definita come “consuetudine” nella stessa ordinanza impugnata, e perciò non può ritenersi imprevedibile, per cui ben avrebbe potuto e potrebbe essere disciplinata con gli ordinari strumenti previsti dall’ordinamento”.

Anche in ragione di ciò, il Comune di Milano, nel 2020, aveva adottato, a mezzo della deliberazione del consiglio comunale n. 56 del 19 novembre 2020, il “Regolamento per la qualità dell’aria”, il cui art. 10 stabilisce appunto il “divieto di accendere fuochi d’artificio (compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo”.

Tuttavia, neppure questa scelta di sottrarre il divieto all’ambito dell’eccezionalità per collocarlo in un più articolato provvedimento antinquinamento ha trovato il conforto della Giurisprudenza amministrativa.

Il TAR Lombardia – Milano, infatti, con due recenti sentenze gemelle, la n. 2033 e 2034 del 21 settembre 2022, ha accolto i ricorsi proposti da alcune società produttrici, con l’intervento ad adiuvandum di Assogiocattoli, annullando la suddetta previsione regolamentare, sul presupposto che la stessa “vada a interferire con una materia – quella dei materiali esplodenti – di competenza legislativa (e regolamentare) esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lett. d, Cost.), già oggetto di compiuta disciplina da parte del D. Lgs. n. 123 del 2015, a sua volta attuativo della Direttiva n. 2013/29/UE”, che consente la libera circolazione all’interno dei Paesi dell’Unione degli articoli pirotecnici che garantiscano un elevato livello di protezione, anche da un punto di vista ambientale.

Secondo i Giudici Amministrativi, dunque, “la contestata disposizione comunale – sebbene adottata nel perseguimento di finalità di tutela ambientale (certamente rientranti nella titolarità del Comune con riguardo al proprio ambito territoriale) – si pone in netto contrasto con la normativa sovraordinata ed eccede l’ambito di competenza dell’Ente locale”.

Né può ritenersi, secondo il Collegio meneghino, che la limitata potestà regolamentare riconosciuta ai Comuni in materia di qualità dell’aria consenta agli stessi Enti di adottare divieti generalizzati che interferiscono con altre materia non di loro competenza.

I Comuni, invero, nel perseguimento dei propri fini istituzionali, possono certamente ricorrere al potere regolamentare per disciplinare le funzioni di cui sono titolari e, in tale contesto, possono anche intervenire in altri settori, qualora vi sia una interferenza con materie affidate alla potestà normativa di altri Enti, purché la sovrapposizione che si determina sia strettamente funzionale al perseguimento dell’obiettivo “proprio” del Comune e non rappresenti, invece, un tentativo di regolamentare surrettiziamente in via diretta materie avulse dalla competenza del medesimo Ente, finendo per impattare sul nucleo essenziale della disciplina sostanziale della materia già oggetto di regolamentazione da parte dello Stato o della Regione (in tal senso, Corte costituzionale, sentenza n. 119 del 2020).

Nel caso in esame, ad avviso del TAR Lombardia, il Comune di Milano, pur in presenza di una sovrapposizione di materia (tutela della qualità dell’aria – circolazione dei materiali pirotecnici) è andato oltre i limiti della sua competenza, “visto che dal tenore letterale della contestata disposizione regolamentare emerge sia la sua diretta riferibilità alla materia dei fuochi di artificio, sia l’assenza di alcuna espressa funzionalizzazione alla tutela della qualità dell’aria perseguita dal Comune”.

Il consolidarsi di questi orientamenti giurisprudenziali, tuttavia, non ha fermato, neppure quest’anno, il diluvio di ordinanze sindacali che provano a mettere un freno alla vendita e all’utilizzo dei c.d. “botti di fine anno” pur nella consapevolezza della precarietà giuridica dello strumento.

Se è vero, infatti, che molti di questi provvedimenti non saranno portati immediatamente all’attenzione dei competenti TAR, anche in ragione della loro efficacia temporale limitata a pochi giorni, è altresì vero che eventuali sanzioni che dovessero essere irrogate (peraltro, con enormi difficoltà) da temerari agenti di polizia municipale resisterebbero difficilmente alla probabile impugnazione da parte dei contravventori.

Allora può effettivamente concludersi che detti provvedimenti di divieto, con consapevole sviamento dalla loro causa tipica, vengano adottati dai Sindaci nell’ottica di una sorta di moral suasion nei confronti dei cittadini, inquadrandosi nella più generale campagna di sensibilizzazione che, ormai da alcuni anni, è stata lanciata su tutto il territorio nazionale con il sostegno delle principali associazioni ambientaliste e dei consumatori.

L’auspicio è che, in attesa di una presa di coscienza da parte del Legislatore, tale campagna di sensibilizzazione produca i suoi frutti nell’immediato limitando quelli che ai più (compreso lo scrivente) appaiono comportamenti incompatibili con il vivere civile.

Avv. Alessandro Scalia, socio fondatore Unione Avvocatura Siciliana e Presidente della Sezione di Palermo.

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