In un ordinamento come il nostro in cui la pena mira ad infliggere una sofferenza al reo quale retribuzione per il male commesso, in un ordinamento come il nostro in cui la sanzione, oltre a punire, tende a rieducare, la Riforma Cartabia si pone l’obiettivo di innovare l’apparato sanzionatorio, introducendo e modificando gli strumenti a ciò preposti.
In linea generale, il filo conduttore degli interventi di riforma è rappresentato dall’efficienza del processo e della giustizia penale, in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’U.E., nonché del raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R., che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio.
Tra le novità immesse nel sistema dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, in attuazione della Legge 27 settembre 2021, n. 134, il regime della “giustizia riparativa” si presenta come una rilevante innovazione processuale e uno strumento essenziale per perseguire gli obiettivi riformatori.
Il legislatore fornisce una definizione di tale peculiare risorsa processuale: più precisamente, si tratta di “ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore” (art. 42, co. 1, lett. a).
Nello specifico, l’istituto è disciplinato dagli artt. 42-67 del decreto, i quali innovano il codice di rito, prevedendolo espressamente nel disposto dell’art. 129 bis c.p.p.: tra gli atti del giudice, invero, da oggi si annovera l’“accesso ai programmi di giustizia riparativa”.
La norma indica i soggetti legittimati, la procedura da seguire, ma non impone alcun limite di tempo (potendo essere richiesto “in ogni stato e grado del procedimento”), né di fattispecie di reato a cui può applicarsi. Su quest’ultimo punto, l’art. 44 del decreto precisa che i programmi sono accessibili senza preclusioni relative al reato o alla sua gravità: la sola eccezione risiede nell’ipotesi in cui dallo svolgimento del programma possa derivare un pericolo concreto per i partecipanti.
Il programma, cui si accede su istanza delle parti o per spontanea decisione del giudice, viene redatto da mediatori appositamente formati; la predisposizione di esso è preceduto da colloqui di carattere informativo e funzionali a verificarne la fattibilità. Il percorso riparativo si sviluppa in una serie di incontri cui gli interessati partecipano personalmente, alla presenza dei mediatori e che possono tradursi in un dialogo riparativo tra autore-vittima o in una mediazione tra autore-vittima-comunità.
All’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa, per l’avvio del programma, provvede il P.M. nel corso delle indagini o, nelle fasi successive, l’autorità giudiziaria competente, anche d’ufficio.
Inoltre, per i reati procedibili a querela rimettibile, in seguito all’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, l’indagato-imputato può richiedere la sospensione del procedimento per lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa.
Terminato il programma, i mediatori presentano una relazione all’autorità giudiziaria, contenente la descrizione delle attività svolte, l’eventuale mancata partecipazione, l’interruzione del programma, l’esito riparativo raggiunto oppure fallito; a rilevare sono, altresì, la partecipazione attiva e volontaria e l’equa considerazione dell’interesse della vittima e dell’autore dell’offesa.
L’obiettivo è quello di promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione dell’autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità.
L’esito riparativo rappresenta, secondo il riformatore, “qualunque accordo volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti”: la ratio dell’istituto sta proprio qui, nella capacità capacità di riportare allo status quo ante ciò che è stato leso.
Inoltre, di fondamentale e concreta importanza è la valutazione di tale risultato da parte del giudice ai fini della determinazione della pena ex art. 133 c.p.
Può trattarsi di un esito sia simbolico (dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi), sia materiale (il risarcimento del danno, le restituzioni, l’adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori), ma ciò che rileva maggiormente è che un ipotetico risultato negativo non produca, in alcun modo, effetti sfavorevoli nei confronti dell’autore dell’offesa; così come, non rileva negativamente l’interruzione o la mancata esecuzione del programma concordato.
In caso contrario, e cioè nelle ipotesi in cui il reo porti a compimento, con esito riparativo, il programma o anche solo vi partecipi, l’autorità giudiziaria sarà tenuta a valutare tale circostanza in senso favorevole, in relazione ai vari aspetti processuali che qui si indicano e le cui disposizioni sono state a tale scopo riformate:
– art. 62, co. 1, n. 6) c.p.: introduzione della previsione cui rientra tra le circostanze attenuanti comuni anche “l’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo”;
– art. 152 c.p.: a previsione che vi sia remissione tacita della querela anche «quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo;
– art. 163 c.p.: l’inserimento della partecipazione a un «programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo» tra i presupposti applicativi della sospensione condizionale della pena c.d. «breve» o «speciale» di cui all’art. 163, co. 4, c.p.
si precisa, infine, che dovrà attendersi il 30 giugno 2023, affinché l’istituto diventi operativo: invero, se in un primo momento, l’art. 6 del d.l. 162/2022 disponeva il differimento dell’entrata in vigore del d. lgs. 150/2022 al 30 dicembre 2022, successivamente, il legislatore ne ha rinviato la partenza, tenuto conto della necessità di apprestare sia le strutture, sia l’apposito elenco dei mediatori.
Dott.ssa Eleonora Maddaloni, socia dell’Unione Avvocatura Siciliana