Le complesse e variegate tematiche del diritto marittimo e della navigazione aprono un orizzonte nuovo su un tema particolarmente importante, quello del riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori a seguito dell’accertamento dell’esposizione su natanti a fibre asbestosiche.
Per apprestare una più agevole comprensione all’argomento e per non perdere di vista i tratti salienti di una particolare disciplina ancora “anagraficamente” giovane occorre procedere prendendo le mosse in riferimento alle norme succedutesi nel corso degli ultimi quarant’anni. Tra le più antiche forme di previdenza inserite all’interno del nostro panorama giuridico, infatti, quella del comparto marittimo ha costituito, negli anni, uno dei primi esempi virtuosi di tutela garantita ai lavoratori di un settore particolarmente difficoltoso e logisticamente logorante. Si tratta, in concreto, di una materia che è stata interamente riformata con la Legge n. 413 del 26 luglio 1984, disposizione che ha soppresso la Cassa nazionale per la previdenza marinara e conseguentemente inglobandola nel regime A.G.O. dei lavoratori dipendenti.
A fronte delle specificità contrattuali connesse al rapporto di lavoro marittimo, la L. n. 413 ha previsto peculiari forme di tutela per i marittimi, tutte attualmente poste al vaglio dell’INPS. Tra le stesse si specificano i prolungamenti dei periodi di navigazione ai fini del calcolo del trattamento pensionistico; la pensione di vecchiaia anticipata; la pensione di inabilità alla navigazione; la pensione privilegiata di inabilità alla navigazione; le ricostituzioni contributive per esposizione all’amianto; le indennità per inabilità temporanea assoluta per malattia fondamentale; le indennità per inabilità temporanea assoluta per malattia complementare; le indennità per inabilità temporanea da malattia per i marittimi in CRL; le Indennità per temporanea inidoneità all’imbarco conseguente a malattia comune (Legge “Focaccia”). L’ambito inerente l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è a carico dell’INAIL, a seguito della soppressione dell’IPSEMA, intervenuta ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 122/2010.
Significative e numerose sono le conquiste previdenziali ottenute nel corso del tempo dai marittimi infortunati o affetti da malattia professionale che, da un punto di vista di prestazioni economiche erogate dall’INAIL, possono conseguire l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta; la rendita diretta, corrisposta per eventi fino al 24 luglio 2000, se la diminuita o perduta attitudine al lavoro, espressa come inabilità permanente, è di grado accertato fra l’11% e il 100%; l’indennizzo per la lesione dell’integrità psicofisica, danno biologico, corrisposto per eventi a decorrere dal 25 luglio 2000. Per postumi compresi tra il 6 e il 15% è, inoltre, previsto l’indennizzo in capitale. Se la menomazione è di grado inferiore al 6%, invece, il lavoratore non ha diritto ad alcun indennizzo. Dal 16% in poi, viene erogato un indennizzo in rendita; l’integrazione della rendita diretta; la rendita di passaggio per silicosi e asbestosi; la rendita ai superstiti di lavoratori vittime di infortunio o malattia professionale; la prestazione una tantum ai superstiti di lavoratori vittime di infortunio mortale verificatosi a decorrere dal 1° gennaio 2007; l’assegno funerario; l’assegno per assistenza personale continuativa; lo speciale assegno continuativo mensile; la prestazione ai marittimi dichiarati temporaneamente inidonei alla navigazione in seguito a infortunio sul lavoro o malattia professionale riconosciuti dall’INAIL; la prestazione aggiuntiva alla rendita per le vittime dell’amianto o, in caso di morte, per gli eredi titolari di rendita a superstiti; la prestazione una tantum per le vittime dell’amianto a favore dei malati di mesotelioma. Un quadro, quindi, capillare.
Ma perchè il lavoratore possa ottenere le suddette tutele, occorre che si concluda positivamente l’iter dell’accertamento delle mansioni espletate in ambienti resi insalubri dalle fibre asbestosiche disperse nell’aria, a causa della polverizzazione dell’amianto sfaldatosi per le vibrazioni tipiche della navigazione.
In concreto il Ministero del Lavoro con l’applicazione del D.M. del 2004 ha chiarito il quadro specificando le attività lavorative configuranti un’esposizione all’amianto, in particolare: a) coltivazione, estrazione o trattamento di minerali amiantiferi; b) produzione di manufatti contenenti amianto; c) fornitura a misura, preparazione, posa in opera o installazione di isolamenti o di manufatti contenenti amianto; d) coibentazione con amianto, decoibentazione o bonifica da amianto, di strutture, impianti, edifici o macchinari; e) demolizione, manutenzione, riparazione, revisione, collaudo di strutture, impianti, edifici o macchinari contenenti amianto; f) movimentazione, manipolazione ed utilizzo di amianto o di manufatti contenenti amianto; distruzione, sagomatura e taglio di manufatti contenenti amianto; g) raccolta, trasporto, stoccaggio e messa a discarica di rifiuti contenenti amianto.
A fronte del documentato impiego dell’amianto nell’industria navalmeccanica nei processi di costruzione, riparazione e trasformazione navale, con l’entrata in vigore della legge n. 257/92 si è vissuta la classica “sliding door” che ha accelerato definitivamente il processo di cd. “messa al bando” dell’amianto attenuando, da un lato, il rischio morbigeno per le imbarcazioni di nuova generazione, configurando, viceversa dall’altro, un rischio ancora molto concreto ai danni delle navi costruite almeno fino agli anni ‘80 e per le quali è scientificamente provato l’impiego dell’amianto come coibente termico per pareti, soffitti, tubazioni e fasci di cavi elettrici e ancora in servizio. Nel comparto mercantile, infatti, sono numerose le navi ancora in servizio mai bonificate in ossequio alle procedure previste dalla legge. Anzi, in alcuni casi, si ritiene che con il passare degli anni la dispersione delle fibre asbestosiche sia addirittura peggiorata. A detti lavoratori qualificatamente esposti o che hanno contratto una malattia professionale accertata, i particolari benefici previdenziali consistono nel raggiungimento antecedente rispetto alla data naturale della pensione con importo maggiorato. A seguito di diverse modifiche di legge intervenute, la disciplina attualmente vigente in materia tutela, ai fini pensionistici, esclusivamente l’attività lavorativa dipendente svolta con esposizione all’amianto per almeno un decennio entro il 2 ottobre 2003 salvo il caso della malattia professionale per la quale non è previsto alcun limite temporale di esposizione. Le maggiorazioni da ricalcolare variano a seconda dell’applicazione del coefficiente di riferimento della disciplina previgente o successiva, ovvero:
- una maggiorazione dell’1,5 per cento ai fini del diritto e del calcolo della pensione di tutti i periodi in cui risulti l’esposizione all’amianto per i lavoratori che, a causa di tale esposizione, abbiano contratto o contraggano una malattia professionale documentata dall’Inail (articolo 13, co. 7, legge 257/1992);
- una maggiorazione dell’1,5 per cento ai fini del diritto e del calcolo della pensione per i periodi di prestazione lavorativa svolti nelle miniere o delle cave di amianto (articolo 13, 6, legge 257/1992);
- una maggiorazione dell’1,5 per cento ai fini del diritto e del calcolo della pensione di tutti i periodi in cui risulti un’esposizione qualificata pari a 100 fibre litro per oltre dieci anni (articolo 13, comma 8, legge 257/1992) nei confronti dei soli lavoratori assicurati presso l’Inail che abbiano maturato il diritto a pensione entro il 2 ottobre 2003 o che abbiano presentato domanda amministrativa o giudiziale per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto entro il 2 Ottobre 2003;
- una maggiorazione dell’1,25 per cento solo ai fini del calcolo della pensione di tutti i periodi in cui risulti un’esposizione qualificata pari a 100 fibre litro per almeno dieci anni. La domanda per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto doveva essere presentata tra il 3 ottobre 2003 e il 15 giugno 2005. Il beneficio si applica anche ai lavoratori con periodi di esposizione in attività non soggette in precedenza all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (Art. 47 Decreto legge 269/2003; decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 ottobre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004; Circolare Inps 58/2005; Circolare Inps 195/2003).
Ultimo ma doveroso cenno, pertanto, va fatto in relazione al cumulo dei sopra richiamati benefici. In ossequio all’art. 4 del D.M. introduttivo della L. 257/92 coloro che siano stati esposti all’amianto non possono cumularli ad altri benefici, sempre di natura previdenziale, che comportino, rispetto ai regimi pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell’accesso al pensionamento, oppure un aumento dell’anzianità contributiva. Si tratta, per esempio, dei benefici spettanti per i lavori usuranti, per servizi di confine, per i servizi prestati dai lavoratori portuali. Al momento del pensionamento, quindi, i lavoratori interessati dovranno optare tra i differenti benefici. Al contrario, non rientrano nell’incumulabilità, secondo il Ministero del Lavoro, i benefici previdenziali collegati ad un particolare status del lavoratore (invalido, non vedente, sordomuto) o comunque derivanti da particolari infermità di oggetto di tutela previdenziale sono, invece, cumulabili con quelli previsti per aver subito l’esposizione all’amianto, anche per i lavoratori ai quali si applica la nuova normativa.
Avv. Daniele Straface, componente del Direttivo UAS di Messina