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LA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA IN MATERIA DI DISCRIMINAZIONE SALARIALE DI GENERE: NUOVI STRUMENTI DI TUTELA.

Il 3 dicembre 2022 è entrata in vigore in Italia la Legge 162/2021 (Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo). La novità più significativa della provvedimento è rappresentata dalla possibilità per le aziende pubbliche e private di ottenere una certificazione della parità di genere con riferimento alla retribuzione, alle opportunità di carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (tenuto anche conto della gravidanza) a condizione che le stesse provvedano alla redazione dei rapporti periodici sulla situazione del personale maschile e femminile, indicati come obbligatori per le aziende con almeno 51 dipendenti e soltanto facoltativi per le aziende di dimensioni inferiori. Il rilascio della certificazione consente alle aziende di accedere ad alcuni benefici di natura contributiva. L’intero impianto normativo, tuttavia, era condizionato alla emanazione di un decreto attuativo che è stato adottato soltanto ad ottobre del 2022.

Ebbene, il recente intervento del Legislatore statale risulterà presto superato per effetto della approvazione della Direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione, pubblicata sulla GUUE del 17 maggio.

La direttiva, che dovrà essere recepita entro tre anni dalla sua approvazione, si pone l’ambizioso obbiettivo di abbattere il divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici che nei paesi UE si attesta nella misura del 13% con riferimento al trattamento stipendiale per aumentare fino al 30% con riferimento al trattamento pensionistico.

Lo strumento individuato al fine di raggiungere lo scopo è quello della trasparenza salariale, vista come una condizione necessaria per combattere le disuguaglianze.

In base alle disposizioni della Direttiva, infatti, i datori di lavoro, pubblici e privati, saranno tenuti a fornire alle persone in cerca di lavoro informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva dei posti vacanti pubblicati, riportandole nel relativo avviso di posto vacante o comunicandole prima del colloquio di lavoro. Inoltre, ai datori di lavoro sarà vietato richiedere ai candidati e alle candidate informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro. Una volta assunti, poi, i lavoratori e le lavoratrici avranno il diritto di chiedere ai loro datori di lavoro informazioni riguardanti sia i livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, sia i criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Ma la novità più interessante è rappresentata dalla possibilità per i lavoratori e le lavoratrici che hanno subito una discriminazione retributiva basata sul genere di rivolgersi direttamente al Giudice allo scopo di ottenere un risarcimento, compreso il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus.

Al fine di agevolare il lavoratore o la lavoratrice discriminata viene prevista anche l’inversione dell’onere della prova con la conseguenza che, a fronte delle allegazioni del dipendente, spetterà ora al datore di lavoro dimostrare di non aver violato le norme UE in materia di parità di retribuzione e trasparenza retributiva.

Dovremo attendere il recepimento da parte dello Stato Italiano ma non v’è dubbio che la normativa europea rappresenta un notevole passo in avanti nel contrasto alla disparità di trattamento retributivo rispetto alla blanda normativa interna.

L’auspicio è che l’attenzione del Legislatore comunitario o statale si sposti presto anche verso il mondo del lavoro autonomo e delle libere professioni dove il gender pay gap riferito al reddito medio annuo tocca percentuali ancor più allarmanti.

Avv.ti Alessandro Scalia e Monica Longo, Presidente e Segretaria della Sezione UAS di Palermo e componenti del CPO dell’Ordine degli Avvocati di Palermo.

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