Con la Sentenza n. 36407 del 31/08/2023 (ud. 12.04.2023) la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla configurabilità del delitto di violenza privata commesso dal giornalista che si procacci la notizia con modalità aggressive ed insistenti, nonché sulla possibile applicazione dell’esimente del diritto di cronaca di cui all’art. 51 c. p. in tema di “diritto d’inchiesta”.
IL FATTO |
Due soggetti, un intervistatore e un cameramen di un noto programma televisivo, si introducevano all’interno dello stabile ove abitava la parte civile presentandosi al portiere del condominio quali corrieri di Bartolini s.p.a. Attendevano che la p. o. facesse ritorno presso l’abitazione e “con violenza esercitata in modo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione della p.o. le impedivano di fare rientro nella propria abitazione, costringendola altresì a tollerare la loro presenza con una serie di domande alle quali sin da subito la p. o. dichiarava di non voler rispondere” nello specifico la p. o. subiva insistenti ed incessanti domande su una vicenda processuale che la vedeva imputata seppur si era più volte rifiutata di rispondere. |
Il delitto di violenza privata trova disciplina all’art. 610 c. p. e punisce “chiunque con violenza o minaccia costringe altri a fare tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Bene giuridico protetto dalla fattispecie è dunque la libertà psichica del soggetto e la capacità di autodeterminazione del singolo secondo processi volitivi autonomi.
Secondo la Suprema Corte l’elemento oggettivo del reato di violenza privata può essere sussunto nella reiterata, insistente e oppressiva pressione esercitata sulla persona offesa per il tramite di insistenti domande e riprese video cui la p. o. cercava di sottrarsi. Tale condotta, difatti, ha determinato la costrizione della vittima ad un “pati”, ossia spiegano gli Ermellini a tollerare o omettere una condotta determinata ( ex multis Cass. Sez. V, n. 6208/2020 dep. 2021), che “può certo ricondursi a quella peculiare forma di violenza impropria, vale a dire a un tipo di coartazione dell’altrui libertà che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali”. L’elemento della violenza prescinde dal costringimento fisico, giacché ricomprende qualsiasi atto o fatto posto in essere dal soggetto agente che con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione l’offeso, lo induca a fare, tollerare o omettere qualche cosa (Cass. Sez. V. n. 35092/2019).
Ciò posto, si pone l’interrogativo sull’applicabilità della scriminante del diritto di cronaca quando il fatto è commesso per procacciarsi la notizia.
In più occasioni il tema della garanzia della libertà di espressione e del diritto di cronaca è stato affrontato dalla Corte di Strasburgo. Nello specifico la Grande Chambre con il caso Fressoz er Roire c. Francia ribadisce che la libertà di espressione rappresenta uno dei cardini della società democratica e una delle condizioni primarie del suo progresso, chiarisce la rilevanza della funzione della stampa nella società democratica, a patto che non travalichi alcuni limiti quali la reputazione e i diritti altrui, la necessità di impedire la divulgazione informazioni riservate, e attribuisce alle autorità nazionali il potere di valutare se per ragioni di “prevalente necessità sociale” sia legittima la restrizione dell’esercizio di libertà di espressione. In ogni caso, nel bilanciamento tra i valori in conflitto e la libertà di stampa va sempre riconosciuto rango apicale a quest’ultima a condizione che le informazioni divulgate: corrispondano al vero, riguardino temi di interesse generale, non si concretizzino unicamente in attacchi personali.
Con specifico riferimento al caso Frezzos e Roise, osserva la Corte di Strasburgo che la pubblicazione dell’articolo che divulgava un’informazione illegittimamente acquisita “apportava un contributo ad un dibattito pubblico su un tema di interesse generale” avente lo scopo di dibattere su una questione che interessava la collettività.
Sulla base di tale dictum, la Corte di Cassazione Sezione Seconda con la Sentenza n. 38277/2019 annullava la Sentenza impugnata limitatamente al delitto di ricettazione, commesso al fine di procacciarsi la notizia, rinviando al giudice di merito circa la sussistenza della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di cronaca.
Secondo quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, la scriminante di cui all’art. 51 c. p. imporrebbe al giudice di valutare se la divulgazione dell’articolo apporti un contributo ad un dibattito pubblico o comunque di interesse generale, tale che l’interesse di informare la collettività prevalga sui doveri e sulle responsabilità che gravano sui giornalisti. In particolar modo, la scriminante di cui all’art. 51 c. p. sembrerebbe astrattamente applicabile a tutti i reati compiuti per procacciarsi la notizia.
Rileva, invece, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, con la Sentenza 36407/23, che la Corte europea nell’applicare l’art. 10 CEDU, ammette che il giornalista possa invocare l’applicazione della scriminante del diritto di cronaca anche per i fatti, penalmente rilevanti, diversi dalla pubblicazione della notizia, ma non esige affatto da parte del giudice nazionale l’applicazione della scriminante.
La Corte di Cassazione rigetta, dunque, il ricorso ritenendo che “il carattere di mera eventualità dell’acquisizione di una notizia e, soprattutto, la centralità della libertà di autodeterminazione della persona impongono di escludere in radice qualunque favorevole bilanciamento in favore di chi coarti la seconda, perseguendo un obiettivo informativo”.
Viene, pertanto, ribadito il principio per cui il “diritto di cronaca può certamente costituire scriminante per gli eventuali reati commessi con la pubblicazione e la diffusione della notizia, ma non per quelli compiuti al fine di procacciarsi la notizia”.
In conclusione, il diritto di critica e di cronaca sembrano rilevare avuto riguardo solo rispetto all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo il soggetto che quei diritti esercita, dunque viene scriminata la condotta del giornalista che in un articolo da conto di un fatto vero, e non la condotta di chi per acquisire un’informazione commette reato.
Avv. Carmen Eleonora Pagano, UAS Catania