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LE RATE DEL MUTUO COINTESTATO TRA I CONIUGI: SONO RIPETIBILI ?

L’argomento, oggi trattato, ha sempre suscitato un grande interesse nella dottrina e nella giurisprudenza di legittimità ma anche di merito che si sono spesso espresse con motivazioni anche tra di loro discordanti.

Con l’Ordinanza n. 5385 del 21.02.2023, la  Cassazione torna sull’argomento della ripetibilità delle somme pari alla metà dei ratei di mutuo cointestato, pagati in costanza di matrimonio da uno solo dei due coniugi.  Con la richiamata Ordinanza la Suprema Corte pone fine al contrasto di giudicati partendo dall’analisi dell’art. 143 cc, quale insieme di  principi cardine in materia di solidarietà coniugale, intesa nella sua più alta accezione di insieme di diritti e doveri di carattere morale e materiale che insiste in capo ai coniugi e, la cui violazione, può condurre, anche alla pronuncia di addebito della separazione personale a carico del coniuge che lo ha violato.

Sotto questo profilo  sono di significativa importanza   gli obblighi di assistenza materiale intesi   come capacità di contribuire al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, mettendo a disposizione della stessa il proprio contributo economico patrimoniale,  od il contributo  che si estrinseca nell’accudimento e nelle cure domestiche, al quale va attribuito analogo valore, ai fini del riconoscimento dell’adempimento degli obblighi stabiliti nell’art. 143 cc.

La valorizzazione del contributo apportato da ciascuno dei due coniugi al raggiungimento degli obiettivi comuni alla famiglia ed all’altro coniuge, e la sua funzione di centralità era stato già colto dal Legislatore nella riforma del 1975, tanto da spingerlo a prevedere la prescrizione di cui all’art 570 cp, laddove si  evincesse una violazione a tali obblighi.

La pronuncia emessa dalla S. C.  che affronta la questione nel momento in cui vi è la disgregazione della coppia e dunque del progetto comune di vita, assume anche una sua rilevanza quale monito, rivolto a quel  coniuge, che dopo la separazione, spesso  per mero spirito ritorsivo nei confronti dell’altro, ritenuto più debole economicamente, decide di non volere più adempiere al pagamento integrale  dei ratei  di mutuo residui, il cui pagamento si era prima volontariamente assunto,  ed addirittura  si spinge sino a richiedere giudiziariamente  la restituzione della metà della somma versata all’Istituto di credito erogante  e  sino a quel momento corrisposta .

Chiariti i contorni in cui la S.C si è espressa, devesi precisare che le pronunce susseguitesi tra l’anno 2015  ed il 2018, ex multis  si richiama la n. 10927/2018, avevano già statuito che “ poiché durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire ai bisogni della famiglia in maniera proporzionale alle proprie sostanze, a seguito della separazione personale, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese sostenute in modo differenziato, per i bisogni della famiglia durante il matrimonio” così, in punto di diritto, si era voluto superare  quel retaggio giuridico ed anche culturale, frutto di pensiero comune ad una neanche poi così tanto sparuta minoranza, che aveva affermato che l’accollo interno  del mutuo cointestato effettuato da un coniuge in costanza di matrimonio  fosse del tutto estraneo al concetto di adempimento degli obblighi di natura famigliare e che, pertanto, determinandosi un incremento patrimoniale in capo al coniuge beneficiario, quest’ultimo era  tenuto a  indennizzare il coniuge erogante, cfr sent. 5866/1995 e 19454/2012.

Invero, le pronunce richiamate e la Ordinanza ultima citata da cui origina il commento, afferma, ancora una volta, un principio di civiltà e di pari dignità all’interno della coppia, di cui la massima espressione è rappresentata dall’art 143 cc, che incentra la sua attenzione sul principio di solidarietà famigliare, il cui contenuto è  di smisurata portata, involgendo, affetti, interessi, obiettivi, finalità comuni al nucleo famigliare che non possono costituire oggetto di mero baratto e, la cui sussistenza anche in termini schiettamente economici varia e, non può essere schematicamente normata con tabelle,  al variare delle condizioni economiche della coppia; dunque  essa deve essere parametrata, di volta in volta, a seconda delle diverse condizioni reddituali e patrimoniali godute da ciascun coniuge, rapportate alla quantità e alla qualità delle attività svolte in favore della famiglia,  tra le quali devono essere tenute in pari considerazione anche la cura e l’accudimento del nucleo famigliare.

E’ seguendo questo ragionamento che la S.C ha qualificato  detta prestazione economica volontariamente erogata da uno dei due coniugi, frutto di un progetto di vita e di accordi interni alla copia, quale doverosa , poiché  integra l’ adempimento all’obbligo di contribuzione, ai sensi del disposto dell’art 143 cc, e dunque da qualificarsi  quale  manifestazione del dovere  di collaborazione e di solidarietà famigliare e coniugale;  seguendo tale impostazione la Corte ,  ne ha escluso , conseguenzialmente  la ripetibilità; nello specifico, la restituzione della metà delle somme  di mutuo  di cui durante il permanere del progetto di comunione famigliare, uno dei due coniugi  si è accollato l’intero importo.

Pertanto, la Suprema Corte ritiene che ogni elargizione non costituisce un  diritto di credito e non determina l’insorgere automatico della richiesta di rimborso/restituzione nei confronti dell’altro coniuge, salvo la diversa ipotesi in cui il richiedente provi una  causa diversa  dal soddisfacimento dei bisogni famigliari,  che ha legittimato l’erogazione medesima, quale ad es un prestito all’altro coniuge, ponendo un netto distinguo e restringendo le ipotesi di un riconoscimento statuendo“ che ”in via generale ed astratta sono irripetibili tutte quelle attribuzioni che sono state eseguite per concorrere a realizzare un progetto di vita comune a prescindere dell’entità della erogazione che si presume fatte in ragione di un comune di progetto di vita”.

Si precisa, infine, che dette statuizioni ineriscono l’accollo interno alla coppia e non possono in alcun modo estendersi ai rapporti intrattenuti con gli Istituti di credito mutuanti.

Avv. Francesca Sciacca  UAS Ct.

 

 

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