Con Ordinanza del 12 marzo 2024, n. 6455 la I sez. della Cass.civile, ha cassato la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 313/2022, con riferimento al capo 1) per Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 337-ter c.1 -3, 315-bis e 316 c.c., in ordine alla regolamentazione del diritto di visita della minore con il padre e con i fratelli nati nella nuova famiglia, in forma stringente ed impositiva, nonostante le difficoltà manifestate dalla figlia a coltivare il rapporto con il padre e con la nuova famiglia presso la abitazione di questi.
La minore aveva espresso una condizione di ansia, di timore e di disagio, anche per il rifiuto frapposto dalla seconda moglie del padre a vederla e farla incontrare con i fratelli, pertanto la Corte territoriale, a fronte di motivate e radicate obiezioni espresse dalla minore in piena età di discernimento, avrebbe dovuto approfondire il problema, se del caso nominando un consulente per la valutazione dei rapporti all’interno dell’ intero nucleo familiare, ma non certo imporre soluzioni che avrebbero potuto rivelarsi traumatiche o, quanto meno, peggiorative dei rapporti della minore con il padre ed i fratelli.
Il giudice di merito, infatti, è sempre tenuto ad accertare la veridicità dei suddetti comportamenti, tramite mezzi di prova quali le consulenze tecniche e le presunzioni, tenendo conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio a una crescita equilibrata e serena.
Osservazioni
Vero è che il provvedimento di affido che preveda la collocazione prevalente della prole presso uno dei genitori, nell’individuare anche le modalità di esercizio del diritto di visita dell’altro genitore deve anche assicurare una continuità, specie sul piano qualitativo funzionale all’esercizio del diritto/dovere alla bigenitorialità .
Gli incontri frammentari e non regolari elidono l’esercizio del diritto di visita con grave pregiudizio nello sviluppo psicofisico del figlio minore; è compito pertanto del giudice, attraverso gli strumenti normativamente riconosciuti, comprendere se ciò è stato determinato dalla inidoneità del genitore non collocatario a svolgere le relative funzioni genitoriali e ad assumersene le responsabilità correlate ovvero se il rifiuto a frequentare uno dei genitori può scaturire da un comportamento di manipolazione psicologica da parte del genitore convivente, al fine di escludere ogni tipo di rapporto con l’altro genitore.
Pertanto è compito del giudice monitore la situazione in tempi brevi, non limitarsi ad affidare la gestione degli incontri ai servizi sociali,accertare la veridicità dei comportamenti dei minori, tramite mezzi di prova quali le consulenze tecniche, l’ascolto del minore, e le presunzioni, tenendo conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio a una crescita equilibrata e serena.
Per concludere, occorre contrastare la prassi giudiziaria di alcuni giudici di merito, che sollecitati dalla volontà di recuperare una relazione tra figlio e genitore rifiutato, in base al diritto alla bigenitorialità del minore, spesso, hanno inteso perseguire questo fine, prescindendo dalla reale volontà del diretto interessato, il minore, parte sostanziale e portatore di interessi propri, che possono anche collidere con quelli dei genitori.
Avv. Floriana Burgaretta, Presidente UAS – Sezione di Catania