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NE BIS IN IDEM: PRINCIPIO O DIRITTO?

Il ne bis in idem processuale è il principio che si desume dal disposto dell’art. 649 Cod. proc. pen., che sancisce il divieto di nuovo giudizio, che salvaguardia l’imputato che è stato assolto oppure condannato in via definitiva e che rischierebbe di essere giudicato nuovamente per lo stesso fatto, anche se il medesimo fatto venisse considerato diversamente per titolo, grado o circostanze. Il principio del “Ne bis in idem” è sostanzialmente una locuzione latina che tradotta alla lettera significa “non due volte per la stessa cosa”. Si tratta dunque di un brocardo che esprime un principio del diritto in forza del quale un giudice non si può esprimere due volte sulla stessa azione, se si è formata la cosa giudicata. Si ritiene applicabile, infatti, anche in altre branche del diritto, con un fondamento costituzionale decrescente, e cioè, limitato all’esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole del cittadino. Il principio nel diritto penale, sia in materia sostanziale che processuale del “ne bis in idem” nasce da un rifiuto di un sistema inquisitorio nel quale il giudizio era sempre perfettibile e non dovevano essere posti limiti al potere dell’organo inquisitorio-giudicante, mentre nel sistema accusatorio vanno rispettati determinati termini, tempi e forme, e il “ne bis in idem” è un risultato a quello che consegue, quasi necessario. I motivi più importanti per i quali si ritiene ragionevole che una persona non possa essere processata due volte per la stessa fattispecie di reato risiedono nel fatto che il sistema giudiziario non può vessare un cittadino sulla stessa circostanza, lo Stato e i suoi organi hanno mezzi economici e poteri di persecuzione più ampi di quanti il cittadino ne abbia di difesa, l’essere esposti senza garanzia alla pubblica accusa è uno strumento di tirannia e il cittadino ha il diritto di sapere che il giudizio in cui è stato sottoposto è definitivo, e non ci dovranno essere altre indagini a suo carico. Tale principio in molteplici Stati è considerato come un principio costituzionale in cui un accusato non può essere giudicato due volte, nella stessa giurisdizione, per lo stesso reato, cosiddetto double jeopardy come indicato nel diritto comune anglosassone. In alcuni di questi paesi esiste un grado di giudizio, salvo la concessione dell’appello. Nel diritto italiano il divieto di doppio giudizio si applica principalmente nel caso di una sentenza diventata cosa giudicata dopo la conferma della Suprema Corte di Cassazione. L’imputato non può essere processato due volte per lo stesso reato, tranne casi di revisione della condanna in senso favorevole al reo, e nel caso di anomalie giuridiche nelle quali un imputato venga processato due volte di seguito dallo stesso tribunale, per lo stesso reato e nello stesso grado di giudizio.

Avv. Roberto Gambina, socio dell’Unione Avvocatura Siciliana e Componente del direttivo della Sezione di Agrigento.

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