Con sentenza n. 804 del 13 settembre 2021, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha annullato la sentenza del T.A.R. Palermo che, sul ricorso proposto avverso un provvedimento di ritiro in autotutela di una certificazione di credito da parte della P.A., ritenendo che “il procedimento di accreditamento sulla piattaforma di certificazione dei crediti e di prestazione della garanzia dello Stato, è analiticamente e integralmente regolato dalla legge, mentre all’amministrazione non compete alcuna discrezionalità né amministrativa, né tecnica, bensì soltanto il compito di verificare la sussistenza dei requisiti prescritti per la certificazione”, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, rinviando la causa al primo giudice.
Il Supremo Consesso Amministrativo della Regione Siciliana ha statuito che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., “l’attribuzione alla cognizione del giudice amministrativo della legittimità del rilascio della certificazione in questione, e dello speculare provvedimento di ritiro in autotutela, deriva dalla natura di atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, emesso nell’esercizio di poteri autoritativi e che non si esaurisce in una mera operazione contabile che culmina nella certificazione del credito, essendo, invece, dal punto di vista logico e semantico, espressione di un motivato giudizio critico”.
La sentenza in esame, analizzando le caratteristiche del provvedimento di certificazione del credito e dell’attività amministrativa da cui lo stesso origina, evidenzia che “non si tratta di attività meramente ricognitiva di documentazione, di una manifestazione di scienza e conoscenza i cui presupposti, contenuti ed effetti siano integralmente predeterminati dalla legge, poiché sottesi all’emissione del provvedimento in questione sono i poteri di verifica dell’esistenza e regolarità dell’obbligazione, del mancato intervento di cause di estinzione del debito, di modo che la corrispondente posizione dei privati interessati non risulta essere di diritto, in quanto nell’esercizio di tale potestà amministrativa di carattere autoritativo l’amministrazione non agisce iure privatorum, e correlativamente, il privato non è titolare di un diritto soggettivo”.
I principi affermati dal C.G.A., comunque, non hanno modificato in alcun modo l’orientamento del Tribunale di Palermo, il quale, dal proprio canto, ancora con sentenza del 16.12.2021, all’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla P.A. avverso il provvedimento monitorio ottenuto dal cessionario di un credito certificato, ha ritenuto “irrilevante stabilire la legittimità (o meno) dell’atto di certificazione dei crediti e del provvedimento con cui si è provveduto al suo ritiro in autotutela, dovendo piuttosto accertarsi nel presente giudizio la fondatezza (o meno) delle contestazioni formulate dall’opponente all’indirizzo dei rapporti sottostanti ai crediti ceduti”, ribadendo un indirizzo già delineato da precedenti sentenze dello stesso Tribunale, secondo cui “la certificazione del credito ha la funzione di consentire la circolazione dei crediti vantati nei confronti della p.a., ma non preclude certamente a quest’ultima, quale debitore ceduto, di sollevare, nei confronti del cessionario, le eccezioni che avrebbe potuto far valere contro il creditore cedente e relative al rapporto da cui sono scaturiti i crediti ceduti; questo perché la normativa sulla certificazione dei crediti e quella sulla cessione (ex art. 1260 e segg. c.c.) operano su due piani diversi: la prima ha la funzione di consentire lo smobilizzo dei crediti nei confronti della p.a., la seconda regola invece la vicenda circolatoria del credito in sé considerata, disciplinando (tra le altre cose) i rapporti tra i soggetti coinvolti nella vicenda modificativa soggettiva del rapporto obbligatorio e le azioni ed eccezioni da questi esercitabili”.
Alla luce delle discordanti posizioni assunte, rispettivamente, dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario, l’esistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito sembrerebbe soggetta ad un doppio binario di verifica: da un lato, quello della P.A., munita del potere di rieditare il relativo potere di controllo; dall’altro quello del giudice ordinario, al quale spetterebbe comunque accertare autonomamente l’esistenza di tali requisiti nell’ambito dei rapporti tra cedente e cessionario.
Così ricostruito l’istituto, viene da chiedersi quali residue garanzie lo stesso fornisca al creditore.
Avv. Gloria Orlando – socia fondatrice Unione Avvocatura Siciliana.
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