Home » News » ABUSO D’UFFICIO E “BUROCRAZIA DIFENSIVA”: LA CORTE COSTITUZIONALE SALVA LA MODIFICA DELL’ART. 323 C.P. INTRODOTTA DAL D.L. 76/2020

ABUSO D’UFFICIO E “BUROCRAZIA DIFENSIVA”: LA CORTE COSTITUZIONALE SALVA LA MODIFICA DELL’ART. 323 C.P. INTRODOTTA DAL D.L. 76/2020

ABUSO D’UFFICIO E “BUROCRAZIA DIFENSIVA”: LA CORTE COSTITUZIONALE SALVA LA MODIFICA DELL’ART. 323 C.P. INTRODOTTA DAL D.L. 76/2020.

Il disposto normativo cui all’art. 323 c.p. è caratterizzato da un lungo e tormentato mutamento precettistico, che, passando anche da mutevoli dettati dei Giudici di Legittimità (da ultimo la sentenza Cass. Pen, Sez. VI, del 9.12.20 n. 442) approda, con decreto legge n.76 del 16 luglio 2020 (e convertito dalla legge 11 settembre 2020 n. 120), ad un’importante ultima modifica.

Sulla scorta, infatti, delle “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, per far fronte alla contingenze dettate dalla pandemia Covid-19 ed, in particolare, per l’esigenza di far ripartire il Paese, il Governo ha mutato la sfera applicativa dell’abuso di ufficio sostituendo la locuzione “norme di legge o di regolamento” con quelle “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi fora di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.

A seguito di tale sostanziale modifica, gli Ermellini hanno stabilito che la riforma abbia inciso sullo spettro applicativo della fattispecie in esame, limitandola sia sul versante della rilevanza degli atti discrezionali, sia su quello delle norme di legge che costituiscono il parametro della violazione richiesta, con l’effetto di ESCLUDERE la rilevanza delle violazioni di norme contenute all’interno dei REGOLAMENTI.

In tal modo, la norma di legge violata nell’ambito della tipicità della fattispecie di cui al novellato art. 323 c.p., si deve conformare a canoni di tipicità e tassatività propri della norma penale in oggetto, limitando la responsabilità penale alla violazione di precetti comportamentali già compiutamente definiti dalla norma primaria.

Sul punto, il GUP del Tribunale di Catanzaro, dubitando della legittimità della norma modificata, considerata in contrasto con l’art. 77 della Costituzione, ha sollevato una questione di costituzionalità dell’art. 23, comma 1, decreto legge 16 luglio 2020 n. 76, sia in rifermento alla scelta del Governo di attuarla con un provvedimento d’urgenza, sia alla correttezza, da un punto di vista sostanziale, delle soluzioni concretamente adottate.

L’effetto della eventuale pronuncia di incostituzionalità sarebbe stata la reviviscenza della precedente norma incriminatrice dal perimetro più vasto.

Si è pronunciata, sul punto, la Corte Costituzionale con sentenza emessa il 18 gennaio 2021 n. 8 (relatore Franco Modugno), dichiarando non fondata la questione di legittimità sollevata.

Ricostruendo la lunga vicenda politico-parlamentare-giudiziaria dell’abuso di ufficio (si legge nel Comunicato stampa del 18 gennai u.s.) la norma del c.d. Decreto Semplificazioni, che restringe, definendola meglio, la sfera applicativa del reato di abuso di ufficio, non nasce soltanto dalla necessità di contrastare la “BUROCRAZIA DIFENSIVA” (derivante dalla dilatazione dell’ambito applicativo del reato, per cui “i pubblici funzionari si astengono…dall’assumere decisioni che pur riterrebbero utili per il perseguimento dell’interesse pubblico, preferendo assumere altre meno impegnative…, o più spesso restate inerti, per il timore di esporsi a possibili addebiti penali, c.d. “paura della firma”).

Essa nasce, correttamente, anche dall’esigenza di far ripartire celermente il Paese dopo il prolungato blocco pandemico, legittimandone, quindi, i connotati di straordinarietà ed urgenza richiamati dal Governo, ed escludendo ipotesi di irragionevolezza o di arbitrarietà.

Con la stessa sentenza, la Corte ha dichiarato, altresì, inammissibile la questione relativa ai contenuti sostanziali della modifica, che secondo il GUP di Catanzaro, avrebbero depotenziato eccessivamente la tutela del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.).

La questione, mirava ad una pronuncia sfavorevole per l’imputato in materia penale, fuori dai casi in cui ciò è consentito alla Corte.

Ritengono, quindi, in molti che l’idea che ha “mosso” il Governo di poter fronteggiare la crisi post-pandemica, facilitando la ripresa del Paese, con una più puntuale delimitazione di responsabilità, volta a tranquillizzare i pubblici ufficiali, non sia poi da considerare una “monade” isolata, poiché in tal senso si muovono, anche, modifiche a carattere limitativo del rischio e della responsabilità erariale.

A posse ad esse non valet consequentia !

Avv. Sarah Bartolozzi – socia fondatrice Unione Avvocatura Siciliana

Condividi: