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STALKING IN CONDOMINIO: LE SINGOLE CONDOTTE VESSATORIE VANNO VALUTATE NELLO LORO UNITARIETÁ ED IDONEITÁ, IN CONCRETO ED EX POST, A MUTARE LE ABITUDINI DI VITA DELLA VITTIMA E CAGIONARE NELLA STESSA TIMORE E ANSIA PERDURANTI.
Se il reato di stalking (rectius, atti persecutori) di cui all’art. 612-bis c.p., nella sua accezione generale, è ormai entrato nel bagaglio conoscitivo anche dei non cultori del diritto, la figura dello stalking condominiale è ancora in fase di assorbimento. In realtà, va, comunque, precisato che non si tratta di un’ipotesi speciale codificata dal legislatore, bensì di una particolare applicazione giurisprudenziale della figura criminosa, resa possibile dalla non del tutto tassativa formulazione degli elementi costitutivi della fattispecie legislativamente disciplinata.
In ogni caso, la realtà condominiale rappresenta terreno fertile per la nascita di contrasti e dissidi che possono dirompere nell’area del penalmente rilevante, qualora vengano lesi o messi in pericolo beni giuridici tutelati da specifiche fattispecie incriminatrici.
Sebbene il termine stalking venga comunemente associato a comportamenti inerenti la sfera affettiva degli individui, le statistiche rilevano invece che una buona percentuale di ipotesi di atti persecutori si realizza nel condominio, dove gli animi esacerbati da rancori pregressi o le innumerevoli incomprensioni e intolleranze nei rapporti di vicinato si traducono e trasmodano spesso in condotte penalmente rilevanti.
In tema di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), si segnala la recente sentenza n. 921/2021 con cui il Tribunale di Milano, Quinta Sezione Penale, si è pronunciato sulla configurabilità del cd. “stalking condominiale“.
Il reato in esame – ha ricordato, in apertura, il Tribunale – «è configurabile anche quando le singole condotte siano reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi sia la causa effettiva di uno degli eventi previsti dalla norma».
Quanto alla configurabilità del reato in ambito condominiale, il Tribunale ha evidenziato come il requisito del mutamento delle abitudini di vita «debba essere accertato tenendo conto delle conseguenze emotive delle costrizioni sulla vita della persona offesa e non sulla base di una valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportato». Ne consegue che tale evento potrà essere ravvisato, ad esempio, in comportamenti quali «il cambio degli orari di entrata e di uscita dalla propria abitazione da parte del condomino vittima degli atti persecutori, l’adozione, da parte di quest’ultimo, di percorsi alternativi all’interno dello stabile(uso delle scale anziché dell’ascensore o uso delle scale opposte a quelle normalmente utilizzate) nonché la ricerca di ospitalità da parte di amici e parenti durante il fine settimana» (al fine di non incontrare il condomino imputato).
Il requisito del perdurante e grave stato di ansia o di paura – prosegue il Tribunale – «deve essere ancorato ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dal soggetto agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di tempo e luogo in cui è stata consumata»; ne deriva che tale requisito potrà identificarsi nel «timore, nella vittima, di subire ulteriori aggressioni o ritorsioni» da parte del condomino imputato.
Avv. Ottaviano Pavone – socio fondatore Unione Avvocatura Siciliana