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ASSEGNO DI DIVORZIO ALL’EX CONIUGE CHE HA SACRIFICATO LE SUE ASPETTATIVE LAVORATIVE PER LA FAMIGLIA.

La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n° 6002/2022 del 23.02.2022 ha affrontato la questione relativa alla natura compensativa e perequativa dell’assegno di divorzio (art. 5 della legge sul divorzio n. 898/1970) in relazione al caso della ex moglie che si è occupata della famiglia sacrificando il lavoro e le proprie aspettative professionali.

La vicenda processuale sorge da una decisione del Tribunale di Como che, dopo avere pronunciato con sentenza non definitiva la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da attore e convenuto nell’anno 2016, pose con sentenza definitiva del 2018 a carico dell’ex marito l’obbligo di riconoscere alla moglie un assegno di divorzio di 500 euro al mese.

La sentenza veniva appellata dal marito innanzi la Corte di Appello di Milano che, con sentenza del Luglio 2020, accoglieva l’impugnazione revocando l’obbligo di corrispondere l’assegno.

La moglie, pertanto, ricorreva in Cassazione deducendo, con il secondo dei 5 motivi sollevati, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 della legge n. 898/1970 sostenendo che, nell’escludere il diritto di essa all’assegno divorzile, la sentenza appellata non ha tenuto conto della funzione perequativa – compensativa del contributo essendosi limitata a prendere in esame la sua situazione reddituale ed avendo omesso di valutare la durata ultraventennale del matrimonio, l’impegno della stessa nella conduzione familiare, che l’aveva costretta a rinunciare allo svolgimento di attività lavorativa, alla perdita di chances che avevano limitato, tra le altre, il suo livello di istruzione ostacolando il reperimento di un’occupazione.

La Cassazione, nell’accogliere il ricorso, ritiene fondato l’anzidetto motivo affermando il principio nell’ordinanza n. 6002/2022, secondo il quale “va riconosciuto l’assegno divorzile alla ex ormai anziana, perché nel decidere sull’attribuzione della misura, pesa il contributo che la stessa ha dato alla famiglia, sacrificando le sue aspettative lavorative. L’assegno di divorzio ha infatti anche natura perequativa – compensativa proprio per valorizzare anche il contributo del coniuge richiedente”.

La Cassazione ribadisce in tal senso che la stessa a Sezioni Unite avevano affermato che il riconoscimento e l’eventuale quantificazione dell’assegno in favore dell’ex coniuge, con funzione prevalentemente assistenziale nonché compensativa e perequativa deve tenere conto non soltanto della valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti ma anche del contributo fornito dai richiedenti alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune, in relazione alla durata del matrimonio, all’età dell’avente diritto, dovendo l’assegnazione del contributo “garantire al richiedente, non già il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base del parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al predetto contributo, tenuto conto anche delle aspettative professionali eventualmente sacrificate” (Cass. Sez. Un. 11.07.2018 n.18287).

A bene vedere la sentenza impugnata, contrariamente a quella pronunciata dal Giudice di prime cure, non aveva tenuto in considerazione l’anzidetto principio ed i criteri ivi elencati essendosi ex adverso limitata a procedere alla comparazione tra le situazioni economico – patrimoniali delle parti.

Ed ancora. Circa la valutazione dell’inadeguatezza delle risorse economiche della parte, la Corte ha adottato il parametro dello “stato di bisogno” che esula dallo stato di necessità essendo sufficiente un deterioramento economico tale da giustificare ed assicurare non già la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio (orientamento sostenuto a lungo in passato) ma, il “mantenimento di un livello reddituale proporzionato all’impegno profuso nella vita familiare”.

Riepilogando, dunque, la natura perequativa e compensativa, espressione del dovere di solidarietà costituzionalmente previsto, prevede in pratica che l’assegno divorzile debba essere corrisposto al coniuge richiedente in misura tale da garantirgli “un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”.

Senza dimenticare che, se si riscontra uno squilibrio effettivo, è necessario anche accertare se questo è frutto di scelte comuni sul modo di condurre la vita familiare, sui ruoli all’interno della coppia e sulla necessità di sacrificare le aspettative lavorative di uno dei due.

In conclusione, alla domanda “Cambia qualcosa se la moglie/marito ha contribuito alla carriera dell’altro coniuge sacrificando la propria, per occuparsi dei figli?”, risponderemo affermativamente e ciò perchè in tema di assegno divorzile, secondo l’orientamento unanime della giurisprudenza, il giudice è tenuto a decidere sulla quantificazione dell’assegno anche verificando ed accertando se e quanto il coniuge richiedente abbia contribuito alla carriera dell’ex coniuge e quindi alla formazione del patrimonio familiare.

Avv. Ileana Samaritano – socia fondatrice Unione Avvocatura Siciliana.

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