Corte d’Appello di Palermo – Sezione II civile – Decreto 17 maggio 2023.
Massima: “È ammissibile il ricorso volto alla revoca giudiziale dell’amministratore di condominio il cui mandato sia scaduto e continui a espletare le funzioni in regime di proroga. Egli è tenuto a svolgere i propri compiti e a osservare i doveri sicché deve essere sempre consentito un controllo giudiziale circa il suo operato a favore delle minoranze o di singoli condomini dissenzienti”.
Con decreto del 17 maggio 2023, la Corte d’Appello di Palermo ha riconosciuto l’ammissibilità della richiesta di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio il cui mandato sia scaduto e che continui ad espletare le proprie funzioni in regime di prorogatio. Ciò in quanto, a parere della Corte palermitana, l’Amministratore è tenuto a svolgere i propri compiti e a osservare i propri doveri anche durante tale periodo, con la conseguenza che dovrà essere sempre consentito un controllo giudiziale sul suo operato a tutela delle minoranze o di singoli condomini dissenzienti.
Tale pronuncia si innesta nel dibattito che, con riferimento alla disciplina ante riforma del 2012, vedeva contrapposti due orientamenti:
Il primo orientamento, maggioritario, in forza del quale andava dichiarata inammissibile la domanda giudiziale di revoca dell’amministratore che versasse in regime di prorogatio, essendosi già estinto ex lege il mandato alla scadenza del termine annuale. Dunque, l’amministratore non avrebbe potuto essere revocato giudizialmente in quanto non più in carica.
Il secondo orientamento, minoritario, fatto proprio dalla Corte d’Appello palermitana, il quale ritiene che escludere la revocabilità dell’amministratore in regime di proroga equivarrebbe a eliminare ogni controllo sul suo operato. Dunque, in forza di tale orientamento, la cessazione dell’ufficio di amministratore in seguito alla scadenza del termine annuale non determinerebbe il venir meno dell’interesse a conseguire una pronuncia di merito sulla revoca giudiziale invocata dinnanzi al tribunale, permanendo l’interesse del condomino a domandare l’accertamento giudiziale delle gravi inadempienze poste in essere dall’amministratore, anche durante il regime di proroga.
Impatto della riforma del 2012 su tale dibattito e possibili soluzioni.
Tale dibattito, nel quale interviene la Corte palermitana, è stato superato dalla riforma del condominio del 2012, in forza della quale entrambe le tesi non hanno oggi alcuna ragione di esistere. Ed infatti, in forza del novellato art. 1129 codice civile[1], oggi il mandato dell’amministratore si rinnova in modo automatico a ogni scadenza, senza necessità di una apposita delibera assembleare, con il conseguente superamento del distinguo fra amministratore in carica e in proroga. Dunque, mentre prima della riforma, il mandato dell’amministratore durava un anno e necessitava di reiterate e cicliche delibere per poter proseguire, ad oggi, la riforma ha reso le successive delibere facoltative, prevedendo il tacito rinnovo per l’anno successivo e via di seguito. Orbene, appare chiaro come il rinnovo automatico sopprima il regime di proroga nella gran parte dei casi. Infatti, l’automaticità del rinnovo di anno in anno determina la scomparsa della proroga dei poteri, stante che in assenza di dimissioni volontarie è automatica la rinnovazione dell’incarico annuale, con la conseguente tacita conferma dell’amministratore. Tale ricostruzione è stata fatta propria dalla Suprema Corte (Cass. 4 febbraio 2016, n. 2242) e dalla Corte d’Appello di Lecce, 10 febbraio 2014 secondo cui “l’art. 1129 c.c. non commina la decadenza dell’anno di nomina e, pertanto, anche dopo il decorso di tale termine l’amministratore continua nell’esercizio della sua funzione, dovendosi tacitamente intendere confermato di anno in anno, fino a che non abbia luogo la cessazione dell’incarico». Unica eccezione, dunque, quella delle dimissioni volontarie, in forza delle quali si determinerebbe l’effettiva cessazione dell’incarico. Solitamente si tratta di periodi brevissimi.
Tuttavia, non potendosi escludere che l’amministratore, dopo aver dato le dimissioni, permanga in carica per un rilevante periodo di tempo, in questo solo caso appare ancora sussistere il contrasto giurisprudenziale di cui sopra, in cui apparirebbe sicuramente più corretta la soluzione accolta dalla Corte d’Appello palermitana, che ha l’indubbio pregio di non lasciare pericolosi vuoti di tutela.
Avv. Luca Vita, UAS Siracusa-Augusta
[1]«L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata», art. 1129, 10° comma, codice civile.