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FONDO PATRIMONIALE E POSSIBILITA’ DI PIGNORAMENTO

La costituzione del fondo patrimoniale permette ai coniugi di vincolare i propri beni mobili e immobili destinandoli al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Tale fondo può essere costituito da ciascuno dei coniugi, da entrambi o da anche un terzo (si pensi ad un loro genitore). La costituzione avviene per atto pubblico o per testamento se il costituente è un terzo.

Ai sensi degli artt. 167 e 168 cc oggetto del fondo sono esclusivamente beni mobili, immobili o titoli di credito e la proprietà dei beni facenti parte del fondo spetta ad entrambi i coniugi salva diversa disposizione dell’atto costitutivo.

L’art. 170 cc. a fortiori stabilisce un’ulteriore espressione del principio per il quale i beni del fondo patrimoniale devono essere esclusivamente finalizzati alle esigenze della famiglia, stabilendo che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti stessi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.

La possibilità di procedere all’esecuzione sui beni e frutti del fondo patrimoniale è consentita ex art. 170 cc. soltanto per debiti contratti per far fronte ad esigenze familiari e l’accertamento relativo alla riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia costituisce accertamento di fatto, istituzionalmente rimesso al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione.

In sede di opposizione al pignoramento, spetta al debitore provare che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, sia perché i fatti negativi non possono formare oggetto di prova, sia perché esiste una presunzione di inerenza dei debiti ai detti bisogni (Cass. 2006/5684).

Rintracciare le ipotesi di pignorabilità dei beni oggetto del fondo patrimoniale per debiti contratti per scopi familiari non è un’operazione semplice perché bisognerebbe di volta in volta individuare lo scopo del negozio giuridico posto in essere. A tal proposito dirimente è l’intervento della Cassazione la quale ha affermato che vanno ricomprese nei bisogni della famiglia le esigenze volte all’armonico sviluppo della stessa, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di carattere voluttuario o da interessi meramente speculativi (Cass. 2009/ 15862).

Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento possa essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale deve ricercarsi “nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l‘esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso possa darsi luogo se la ragione del rapporto abbia una inerenza diretta ed immediata con i bisogni familiari”.

La giurisprudenza ammette alcuni casi di pignorabilità dei beni facenti parte del fondo patrimoniale per debiti contratti per scopi familiari. Si pensi ad es. all’acquisto dei mobili per l‘arredamento dell’abitazione inclusa nel fondo patrimoniale, così come la fornitura di energia elettrica per la casa e le utenze telefoniche. Se dunque il coniuge contraente non paga il corrispettivo dell’operazione contrattuale, il creditore può pignorare i beni del fondo, senza temere l’opposizione.

Allo stesso modo ciò avviene per i debiti contratti per oneri condominiali relativi agli immobili facenti parte del fondo patrimoniale, incluse le spese processuali del condominio per recuperare le somme dovute (Cass. 2014/ 23163).

Qualora invece dovesse trattarsi di un debito estraneo ai bisogni familiari, la costituzione del fondo proteggerà il bene immobile in esso contenuto, con la conseguenza che il creditore potrà esercitare un’eventuale azione revocatoria ex art. 2091 cc. o procedere con il pignoramento ex art. 2929 bis cc. In quest’ultima fattispecie al creditore è offerta la possibilità di procedere direttamente ad esecuzione forzata, senza necessità di ottenere – come invece era prima necessario – la declaratoria di inefficacia dell’atto pregiudizievole con l’azione revocatoria.

Con particolare riferimento ai debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, anche se la circostanza che il debito sia sorto nell’ambito dell’impresa o dell’attività professionale non è di per sé idonea ad escludere in termini assoluti che esso sia stato contratto per soddisfare i bisogni della famiglia (cfr. Cass., 26/3/2014), poiché risponde invero a nozione di comune esperienza che le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale abbiano uno scopo normalmente estraneo ai bisogni della famiglia .

E’ pertanto necessario l’accertamento da parte del giudice di merito della relazione sussistente tra il fatto generatore del debito e i bisogni della famiglia in senso ampio intesi avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto (cfr. Cass. 24/2/2015, n. 3738).

Prima del D.L. n 83 del 2015 lo strumento che tutelava il creditore leso da atti posti in essere dal debitore al fine di sottrarre beni in suo possesso dall’ esecuzione forzata era l’azione revocatoria.

Il creditore dunque agiva in giudizio per far valere i suoi diritti ottenendo la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti degli atti di disposizione patrimoniale posti a suo danno. Ratio dell’istituto era quella di tutelare in presenza di un pregiudizio arrecato da un atto dispositivo le ragioni del creditore.

In tema di azione revocatoria promossa dalla banca nei confronti del fideiussore, al fine di verificare l’ anteriorità del credito per gli effetti ex art. 2901 cc., occorre fare riferimento al momento dell’accreditamento a favore del garantito e non a quello successivo dell’ effettivo prelievo da parte dell’accreditato, atteso l’azione revocatoria presuppone la sola esistenza del debito e non anche la concreta esigibilità, essendone consentito l’ esperimento in concorso con gli altri requisiti di legge anche a garanzia di crediti condizionali, non scaduti. (Cass. 2019/10824).

Dopo l’emanazione del D.L. 83 /2015 il pignoramento ex art. 2929 bis cc.– alternativo all’azione revocatoria – viene concepito come mezzo di soddisfacimento diretto del credito, che permette al creditore il diritto di trascrivere il pignoramento. La nuova disciplina si applica oltre che ai creditori che promuovono l’esecuzione forzata, anche ai creditori anteriori che intervengono nell’esecuzione forzata promossa entro un anno dalla trascrizione del vincolo di destinazione. La disposizione prevede un incremento di tutele in favore delle garanzie patrimoniali dei creditori ed essa incide negativamente sul diritto di difesa del debitore. Inoltre a differenza dell’azione revocatoria le spese processuali per l’accertamento della buona fede del debitore saranno anticipate da quest’ ultimo correndo il rischio che l’immobile oggetto di disposizione debba essere abbandonato dal debitore già nelle more del giudizio di opposizione oppure sia venduto all’asta.

In ultima analisi le caratteristiche del pignoramento ex 2929 bis cc. sono: l’ampliamento dell’efficacia del titolo esecutivo (il creditore infatti può pignorare i beni che non sono più del debitore ma di un terzo), l’eventualità della causa di merito nelle ipotesi in cui il debitore e terzi aventi causa si oppongano ed in terzo luogo l‘inversione dell’onere della prova a carico degli opponenti (debitore, terzi aventi causa), i quali devono provare la legittimità dell’atto di disposizione a titolo gratuito.

La forma dell’esecuzione del pignoramento si rinviene negli artt. 603 e 604 cpc. secondo cui, a pena di nullità, l‘atto di precetto e l’atto di pignoramento da notificare al debitore o terzo avente causa devono contenere l’indicazione dell’immobile che si vuole espropriare con i suoi identificativi catastali, l’esplicito riferimento all’art. 2929 bis cc., la data di trascrizione dell’atto stesso e l’indicazione dell’atto a titolo gratuito a favore del terzo.

Dott. Riccardo Sclafani – Socio Unione Avvocatura Siciliana

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