Interessante sentenza della Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, in materia di difesa d’ufficio.
Ricorrendo una delle ipotesi in cui il compenso per il difensore di ufficio va liquidato dall’Autorità Giudiziaria, previste dagli artt. 116 e segg. del D.P.R. 115/2002, un Avvocato si era rivolto alla Corte di Appello di Firenze, che aveva provveduto alla liquidazione giudiziale.
Il difensore, tuttavia, ritenendo la liquidazione non soddisfacente avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 82 del medesimo Testo Unico (che fa riferimenti ai valori medi delle tariffe professionali vigenti), aveva impugnato il decreto innanzi alla stessa Corte di Appello ai sensi del combinato disposto degli art. 84 e 170 del D.P.R. 115/2002.
All’esito del procedimento (che si svolge con le stesse modalità del procedimento civile per la liquidazione dei compensi dell’Avvocato di cui all’art. 15 del D. Lgs. 150/2011), la Corte di Appello, in accoglimento dell’opposizione, aveva in effetti rideterminato il compenso spettante all’Avvocato come difensore d’ufficio, liquidando anche in suo favore le spese legali del procedimento di opposizione.
Tuttavia, nel liquidare queste ultime, la Corte Territoriale aveva applicato l’art. 130 del D.P.R. 115/2002, secondo il quale nel patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, “Gli importi spettanti al difensore…sono ridotti della metà”.
Avverso l’ordinanza della Corte di Appello l’Avvocato ha proposto ricorso per Cassazione, per violazione dell’art. 130 del D.P.R. 115/2002 in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, rilevando che quest’ultima disposizione non potesse trovare applicazione riguardando un procedimento distinto e separato da quello in cui aveva svolto funzioni di difensore d’ufficio.
Ebbene, la Suprema Corte, accogliendo il gravame, con l’ordinanza n. 7018, del 3 marzo 2022, ha affermato l’inapplicabilità del dimezzamento previsto dall’art. 130 del T.U. in materia di spese di Giustizia.
Secondo un condivisibile percorso motivazionale, la Suprema Corte ha ritenuto che i giudici di secondo grado avessero fatto errata applicazione della citata norma, non considerando che l’opposizione era stata proposta dall’Avvocato per fare valere un proprio diritto ed era, quindi, distinta dal procedimento penale in cui aveva difeso il proprio assistito.
Da tale pronuncia pare, dunque, potersi ricavare un principio di portata più generale (troppo spesso dimenticato) secondo cui l’Avvocato non può essere mai sovrapposto al proprio assistito neppure ai fini della liquidazione dei suoi compensi.
Avv. Giovanni Battista Scalia – socio fondamento Unione Avvocatura Siciliana