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La negoziazione assistita nelle controversie di lavoro prevista nella Riforma Cartabia

La negoziazione assistita in ambito lavoristico può essere considerata una delle più rilevanti novità della riforma Cartabia, anche se il D.L. n. 132/2014 nella sua formulazione originaria all’art. 7 prevedeva la modifica dell’art. 2113 cod. civ. con la previsione che alla negoziazione fosse applicato il regime della stabilità così come già previsto per le conciliazioni di cui all’art. 185, 410, 411, 412 ter e quater.

In sede di conversione l’art. 7 è stato soppresso e all’art. 2 è stato espressamente previsto che la negoziazione assistita non potesse trovare applicazione nelle controversie relative ai diritti indisponibili nonché ai rapporti di lavoro.

Tale situazione si è protratta sino alla cosiddetta Riforma Cartabia che con il d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto l’art. 2 ter al D.L. n. 132/2014, il quale estende lo strumento della negoziazione assistita anche alla materia lavoristica.

Con la riforma Cartabia nella procedura di negoziazione deve essere necessariamente garantita la presenza di un avvocato per parte, dunque viene meno la possibilità che la stessa venga conclusa con l’assistenza di “uno o più avvocati”.

Considerata la peculiarità della materia lavoro la presenza di un avvocato per parte risulta una scelta opportuna ed idonea a colmare l’asimmetria informativa che caratterizza le parti.

A tale previsione è stata aggiunta la possibilità che al procedimento partecipino anche i consulenti del lavoro.

Nella negoziazione obbligatoria con la riforma Cartabia è possibile che la parte meno abbiente acceda al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ma uguale beneficio non è previsto per le negoziazioni facoltative come quelle di lavoro.

Naturalmente tale circostanza potrebbe disincentivare il ricorso allo strumento deflattivo, in quanto la parte potrebbe preferire rivolgersi direttamente all’autorità giudiziaria al fine di accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

La procedura da adottare per le negoziazioni lavoristiche non muta rispetto a quella generale prevista per le controversie civili, pertanto ha inizio con la formulazione dell’invito alla stipulazione della convenzione di negoziazione.

L’invito, ai sensi dell’art. 4, deve contenere l’oggetto della materia del contendere e l’avvertimento che in ipotesi di mancata risposta entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito può essere valutato dal Giudice ai fini della responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e della concessione della provvisoria esecuzione ai sensi dell’art. 642 c.p.c. qualora la parte ricorrente agisca con ricorso per decreto ingiuntivo.

Nell’ipotesi in cui la controparte accetti l’invito si procederà con la stipula, in forma scritta a pena di nullità, della convenzione di negoziazione assistita.

L’art. 2 indica il contenuto minimo della convenzione, ovvero l’oggetto della controversia e un termine non inferiore a trenta giorni e non superiore a tre mesi, prorogabili di ulteriore trenta giorni su accordo delle parti, per l’espletamento della procedura.

A tale contenuto minimo la riforma Cartabia ha inserito anche “a) la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia”; b) la possibilità di acquisire dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste; c) la possibilità di svolgere la negoziazione con modalità telematiche; d) la possibilità di svolgere gli incontri con collegamenti audiovisivi a distanza”.

La stipula della convenzione è da considerare necessaria ai fini dell’integrità della procedura, in quanto l’art. 5 fa espressamente riferimento “all’esecutività dell’accordo raggiunto a seguito della convenzione di negoziazione assistita”.

In altri termini l’accordo per potere costituire titolo esecutivo e  avere la stabilità prevista dal comma 4 dell’art. 2113 cod. civ. deve essere necessariamente preceduto dal preventivo impegno a stipulare con lealtà e buona fede.

Raggiunto l’accordo lo stesso deve essere trasmesso al Consiglio dell’ordine degli avvocati del circondario in cui è stato sottoscritto, ovvero in quello di iscrizione di uno degli avvocati, entro dieci giorni.

La funzione del predetto onere è indicata dall’art. 11, ovvero di monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita.

Ulteriormente le parti sono onerate alla trasmissione agli organismi di certificazione di cui all’art. 76 d.lgs n. 276/2003.

Quest’ultimo adempimento ha creato problemi interpretativi notevoli, in quanto nel testo non vi è traccia di sanzioni o, ancora più precisamente, di conseguenze in ipotesi di mancata trasmissione dell’accordo.

Pertanto è difficile cogliere la reale portata di tale previsione, in particolare non si comprende esattamente se la trasmissione abbia analoga funzione di quanto previsto per le conciliazioni sindacali ai sensi dell’art. 411 c.p.c. per il conferimento dell’efficacia esecutiva.

La risposta, stando alla lettera dell’art. 5, sembrerebbe essere negativa posto che “L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale”.

Dunque l’accordo sembrerebbe avere efficacia esecutiva con la sottoscrizione ai sensi dell’art. 5 d.l. n. 132/2014 e per poterlo mettere in esecuzione bisogna che, ai sensi dell’art. 2, sia “integralmente trascritto nel precetto”.

Per completezza appare utile evidenziare che l’onere di trasmissione agli enti di cui all’art. 76 l. n. 276/2003 non era previsto nella legge delega, né nel testo sottoposto all’esame della Commissione Giustizia della Camera.

Stando al parere della Commissione, che sembrerebbe configgere con la lettera della norma, l’obiettivo sarebbe quello di offrire “[…] una soluzione mediana utile a contemperare la volontà del legislatore di estendere lo strumento della mediazione al contenzioso del lavoro e la necessaria tutela delle parti in causa (e in articolar modo del lavoratore), prevedere una specifica disciplina mutuata da quella, già vigente, della certificazione dei contratti di cui agli articoli 75 e ss. del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.

Pertanto in sede di commissione il Governo è stato invitato a modificare lo schema di decreto legislativo con la previsione che, all’esito della procedura di negoziazione, l’atto venga trasmesso entro dieci giorni ad uno degli organismi di cui all’art. 76 d.lgs n. 276/2003.

Avv. Antonio Marchetta

Segretario UAS, Sez. di Agrigento

 

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