Il Tribunale di Palermo sez. V civile specializzata in materia di impresa con la sentenza n. 2090/2021 del maggio 2021, riprendendo un orientamento fissato dalla Suprema Corte di Cassazione ed in materia anche di contenzioso bancario ha fissato e confermato il principio secondo cui quando il correntista che ha proposto una azione di accertamento o di natura restitutoria nei confronti di un istituto di credito chiede anche la condanna della banca al pagamento delle spese della consulenza tecnica di parte in base alla quale lo stesso ha proposto l’azione indicando le anomalie e illeciti comportamenti perpetrati ai sui danni dall’Istituto di credito, ha diritto a chiedere ed a vedersi riconosciute le spese sostenute per la l’analisi e la redazione della consulenza tecnica di parte. Infatti, il predetto Tribunale nella parte motiva della sentenza citata indica testualmente “ per quanto concerne, invece, le chieste spese per la ctp, occorre rilevare che le spese stragiudiziali, sia legali che di consulenza tecnica, hanno natura di danno emergente; in particolare, quelle sostenute per la consulenza tecnica, che ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92, 1 co., c.p.c., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (Cass. n. 84/2013; n. 3380/2015), da liquidarsi unitamente alle spese processuali al cui rimborso la parte vittoriosa ha parimenti diritto”. Nel caso in esame sottoposto all’attenzione del Tribunale Civile di Palermo la parte attrice di un giudizio di accertamento avverso una Banca aveva correttamene allegato le fatture rilasciate dal consulente di parte e pagate chiedendone in termini rituali e tempestivi, ed a titolo anche risarcitorio, il rimborso e loro liquidazione da parte del Giudice adito il quale, come sopra riportato ne ha riconosciuto il diritto al relativo rimborso tenuto conto anche della molteplicità dei profili indagati, nonché la complessità degli stessi, ritenendone tra l’altro congruo il relativo importo. Il suddetto principio trova la sua limitazione solo nell’eventuale convincimento del Giudice il quale può escludere la ripetizione laddove le ritenga le suddette spese eccessive oppure superflue ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 92, comma 1, c.p.c. Si attenziona al lettore anche i limiti suddetti di c.d. superfluità o eccessiva onerosità rimessi alla valutazione del Giudice sono gli unici che sussistono nella fattispecie in esame. Mentre non costituisce un limite il fatto che le spettanze del consulente di parte non siano state effettivamente pagate essendo all’uopo necessario almeno allegare una fattura pro-forma emessa dal professionista incaricato e dimostrare l’attinenza e la pertinenza dell’elaborato depositato con l’oggetto della causa promossa. Infatti seguendo l’orientamento fissato dalla Suprema Corte di Cassazione Sez. VI Civ. con ordinanza n.30289 del 20 novembre 2019, tale spese sarebbero riconosciute a prescindere dall’effettivo pagamento . I Supremi Giudici nell’ordinanza in commento hanno specificato che le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice, come detto, non decida di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue. Quindi nell’ordinanza del 20 novembre 2019, viene altresì fissato il principio secondo cui le predette spese devono essere rimborsate anche qualora la parte non ne abbia curato il pagamento. Difatti, per citare i giudici,: “fra le spese processuali che la parte soccombente è tenuta a rimborsare rientrano non solo quelle effettivamente già sostenute dalla parte vittoriosa, ma anche quella dalla medesima ancora dovute”. Per la parte istante sarà, dunque, condizione necessaria e sufficiente l’esposizione di tali spese nei propri atti di difesa, in presenza naturalmente di una fondata debenza delle medesime al consulente tecnico di parte. Nel giudizio esaminato con l’ordinanza in parola, ad esempio, una pro-forma di fattura – relativa ai compensi che sarebbero stati pagati all’esperto per la sua attività – è stata giudicata idonea a provare il diritto alla ripetizione. Si ribadisce però che il Giudice, in ogni caso, non è indifeso rispetto alle asserzioni di spesa formulate delle parti; come confermato dalla Cassazione, il giudice può avvalersi della facoltà di escludere dalla ripetizione quelle spese che ritiene eccessive o superflue, in conformità al disposto dell’art. 92, primo comma, c.p.c. Nella casistica delle spese eccessive rientrano quelle che la parte avrebbe potuto evitare o limitare, tenendo in considerazione lo scopo da raggiungere. Alcuni esempi per chiarire meglio il tema: sarebbe sicuramente eccessiva la spesa per la nomina di più consulenti tecnici di parte in una causa non particolarmente complessa, così come sarebbe sicuramente superflua la spesa per una consulenza di parte in presenza di una sostanziale non contestazione di quanto allegato negli atti di causa. Mentre nel caso esaminato nell’ordinanza predetta il Tribunale che aveva ingiustamente negato il rimborso in assenza della prova del pagamento è incorso in errore, dal momento che avrebbe dovuto esercitare il diverso sindacato sulla eccessività o superfluità delle spese di cui al predetto art. 92 c.p.c.. In conclusione, il Giudice deve limitarsi ad escludere quelle spese che ritiene eccessive o superflue rispetto alla materia del contendere, non essendo tenuto a verificare l’effettivo e attuale pagamento delle stesse. Ad ogni buon conto, abusi del diritto sono evitati, in maniera esaustiva, sia dalla necessità che sia fornita comunque prova della debenza delle predette somme, ancorché non pagate, che dalla facoltà di sindacato posta in capo al Giudice.
🔷Giacomo Marino, socio fondatore UAS🔷