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STATUS E CAPACITA’ – AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO Matrimonio – Opposizione dell’amministratore di sostegno – Estensione all’amministrato del divieto di contrarre matrimonio

Corte di cassazione- Sezione I civile – Ordinanza 26 settembre/2 ottobre 2023 n.27691

Massima

Chi è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell’interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela. Il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall’articolo 85 del c.c. per l’interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato”.

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La pronuncia de qua si inserisce nel dibattito che riguarda la limitazione degli atti di natura personalissima dei soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno e della possibilità di estendere loro le limitazioni previste dall’art. 85 del c.c.

In particolare, si concentra sulla possibilità di limitare il diritto a contrarre matrimonio del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno.

Orbene, partendo dal presupposto che la legge non regolamenta espressamente i rapporti tra l’amministrazione di sostegno e il matrimonio, a differenza di quanto avviene per l’interdetto ex art. 85 c.c., è sorto un dibattito su tali temi, sia in dottrina che in giurisprudenza, riassumibile in due orientamenti.

Il primo, minoritario afferma che, sebbene il beneficiario di amministrazione di sostegno sia ammesso a contrarre matrimonio (Cass. civ., Sez. 1, 11 maggio 2017, n. 11536, richiamata dall’ordinanza), il Giudice tutelare possa disporre l’estensione del divieto di contrarre matrimonio ex art. 411, co. 4, c.c., solo se vi sono circostanze di eccezionale gravità e se ciò è conforme all’interesse dell’amministrato;

Il secondo orientamento, maggioritario, invece, rileva che, se la situazione di incapacità dell’amministrato fosse così grave, si dovrebbe far ricorso immediatamente all’interdizione giudiziale alla quale conseguirà l’impedimento matrimoniale previsto dalla legge, ritenendo contrari all’intenzione del legislatore che una incisione così profonda nella vita di una persona, come il divieto di contrarre matrimonio, possa dipendere da un provvedimento discrezionale dell’Autorità giudiziale.

Ritiene ancora, tale orientamento, che il matrimonio rappresenti senz’altro una scelta di libertà e che sia probabilmente tra gli atti giuridici quello in cui la libertà è maggiormente tutelata e presidiata, tenuto conto del peculiare valore che va riconosciuto alla libertà di contrarre matrimonio garantita dalla Costituzione (art. 29) e dalla CEDU (art. 12).

In buona sostanza, tale secondo orientamento evidenzia i presupposti tra i due istituti, dove l’amministrazione di sostegno è uno strumento di integrazione della capacità di un individuo fragile, a cui, tuttavia, residua una certa capacità di discernimento e autodeterminazione, mentre l’interdizione è modellata su una situazione di infermità psichica totalmente invalidante.

In questa cornice, occorre leggere l’art. 409 cod. civ., secondo cui l’amministrato conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.

Orbene, con la pronuncia in commento, la Suprema Corte di cassazione ha aderito all’indirizzo c.d. minoritario, ritenendo che pur non trovando generale applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno il divieto di contrarre matrimonio, questo possa essere disposto dal giudice tutelare in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato, pur rimanendo nel perimetro dell’amministrazione di sostegno.

Avv. Carolina Ricotta – UAS Augusta

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