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Stop al mantenimento al figlio maggiorenne senza propensione allo studio e con poca voglia di lavorare

È revocabile l’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne non autosufficiente a causa della sua colpevole inerzia.

La Suprema Corte con l’Ordinanza 18785/2021 conferma l’orientamento secondo cui “si deve escludere che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale, incondizionata e illimitata, per i figli maggiorenni disoccupati.

Infatti, l’assegno è revocabile qualora i figli non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale per colpa, ad esempio a causa di un comportamento negligente o per inettitudine o trascuratezza.

La Corte, dunque, ha evidenziato l’importanza dell’indipendenza del figlio e del suo ingresso nel mondo del lavoro, riconoscendo in caso di colpa del figlio l’assenza dell’obbligo di mantenimento in capo ai genitori.

Ma facciamo un passo indietro.

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare la prole, anche se nata fuori dal matrimonio (art. 30 Cost. ed artt. 147 e ss. cod.civ.); i figli hanno diritto ad essere mantenuti dai propri genitori per il solo fatto di essere stati generati a prescindere dalla tipologia di rapporto intercorrente tra i genitori e, nel caso di genitori separati, anche il genitore “non affidatario” dovrà contribuire al mantenimento del figlio con un importo proporzionato al proprio reddito ed alle proprie capacità economiche, nel rispetto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni del figlio.

Tale dovere non cessa, tuttavia, al raggiungimento della maggiore età dello stesso e viene meno solo quando il figlio maggiorenne diventi autosufficiente economicamente, ossia nel momento in cui svolga una professione in linea con le competenze acquisite nel percorso di studio e con le condizioni di mercato.

Ad oggi l’immissione tardiva nel mondo del lavoro di fatto ha posticipato sensibilmente l’indipendenza economica dei figli che, di conseguenza, tardano ad uscire dalla casa di famiglia.

La giurisprudenza si è mostrata sensibile a tale fenomeno prevedendo, appunto, il perdurare dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni sino al raggiungimento dell’indipendenza economica.

Ma ecco che la Suprema Corte ha voluto porre dei paletti ben precisi: ha stabilito che va sempre valutato il comportamento del figlio e se possa considerarsi colpevole per la mancanza di tale autosufficienza: il diritto di un figlio alla permanenza del mantenimento “si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni che devono tuttavia essere compatibili con le condizioni economiche dei genitori”. (cfr. tra glia altri Cass. 18076/2014).

In tale solco, con l’Ordinanza del 30 marzo 2021 – 2 luglio 2021 n. 18785 la Corte di Cassazione ha voluto confermare l’orientamento secondo cui l’assegno di mantenimento è revocabile qualora i figli non abbiano raggiunto l’autosufficienza reddituale per colpa, ossia, a causa di un comportamento negligente o per inettitudine o inerzia, rilevando l’età e l’avvenuta conclusione del percorso di studi che fa presumere che la persona sia ormai inserita nella società.

Ed ancora, con Ordinanza 3 dicembre 2021 n. 38366 gli Ermellini ribadiscono che: “l’obbligo di mantenere i figli non viene meno con il carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto la maggiore età, ma si può protrarre oltre, nel caso in cui questi figli, senza colpa, siano ancora dipendenti dai genitori, in particolare nel caso in cui, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, il figlio dimostri, con onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente”.

Viene ribadito così il principio secondo cui i genitori devono garantire ai propri figli di potere raggiungere le proprie aspirazioni ma “tenendo conto sia dell’effettivo impegno negli studi e nella ricerca di un’occupazione lavorativa e sia delle reali condizioni economiche dei genitori, per garantire il rispetto nella proporzione tra oneri e risorse”. Il mantenimento dei figli maggiorenni, invero, deve essere compatibile con le condizioni economiche del genitore e deve anche essere posto in relazione al principio di autoresponsabilità del figlio ed alla sua “capacità lavorativa”.

Quindi, in età matura, il rifiuto di un’occupazione che non sia corrispondente alle aspettative e che costituisce indice di un comportamento inerte del figlio blocca l’obbligo di mantenimento, a meno che non sia giustificato da idonee ragioni.

Il Giudice chiamato a decidere sul diritto al mantenimento del figlio maggiorenne dovrà effettuare, dunque, un accertamento caso per caso per valutare la raggiunta autosufficienza economica in relazione alle occupazioni e al percorso scolastico, universitario e post-universitario del figlio ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il figlio abbia indirizzato la propria formazione specialistica ed in considerazione delle condizioni economiche del genitore.

Tale valutazione deve essere condotta con rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all’età del beneficiario, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.

Avv. Ornella Agnello – Socio Fondatore U.A.S. e Vice Presidente del Collegio dei Probiviri

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